Dopo 80 anni la comunità celebra il 25 Aprile
Una giornata storica per la comunità, segnata da un eccidio avvenuto dopo la Liberazione, che finalmente volta pagina
Una giornata storica quella vissuta dalla comunità di Urgnano, quella di oggi, 25 aprile 2025. Dopo 80 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale ha celebrato la Festa della liberazione, mettendo una pietra tombale sul passato.
Un 25 Aprile storico
Ci sono voluti 80 anni, ma alla fine anche Urgnano si riconcilia con quello che è stato uno dei periodi più bui della Storia italiana. Oggi, alle 10, un corteo composto da autorità civili, militari e religiose, associazioni e cittadini, ha sfilato in centro (anche se solo per pochi metri vista la partenza dall'attiguo oratorio "San Giovanni Bosco"), raggiungendo il monumento ai Caduti, dove è stata deposta una corona d'alloro sulle note del Silenzio suonate da una tromba. Tra i labari delle associazioni civili e d'arma, sono spiccati una bandiera dell'Anpi e uno striscione con una scritta eloquente: "25 aprile 1945 2025 Festa della Liberazione Fine del Nazifascismo", a risuonare nell'aria è stata tuttavia la canzone "Piave 24 maggio", celebre inno patriottico legato all'ingresso dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale. Il fuoco sotto la cenere insomma non pare ancora del tutto sopito ma ormai il cammino è tracciato. A causa del lutto nazionale per la morte di Papa Francesco Tricolore a mezz'asta e festeggiamenti sobri in tutt'Italia e in paese la cerimonia è stata breve ma intensa.
"La storia di un popolo ha nelle sue feste nazionali un momento forte di presa di coscienza di ciò che costituisce il fondamento e la norma del bene comune, in una tavola di valori che deve rifarsi a Dio Padre, da cui discende ogni vincolo di fraternità e di comunione - ha detto il parroco don Stefano Bonazzi - Per dare voce a questa consapevolezza e dare voce al disagio che merge dal divario tra il progetto e la realtà, siamo invitati a guardare Cristo che, sulla Croce, ha stabilito il patto universale di riconciliazione e di pace. In lui si infrangono le catene di ogni schiavitù e si aprono nuovi orizzonti di solidarietà nella giustizia e nell'amore".
Poi ha ricordato Papa Francesco e ha invitato "a pregare per i defunti che a causa della brutta guerra, non ce n'è una bella, sono morti per la libertà, per le idee e per le proprie famiglie".
"Siamo chiamati a essere donne e uomini consapevoli"
La vicesindaca Jolanda Riseri (il sindaco Marco Gastoldi è all'estero ndr.) accompagnata dalla giovanissima collega del Consiglio comunale dei Ragazzi Ginevra Avogadri, hanno letto un discorso ufficiale denso di significati ma senza particolari accenni al passato, raccogliendo applausi.
"Il 25 aprile è una data fondamentale per la storia d'Italia - ha detto la Risieri - oggi in particolare ricorre l'80esimo anniversario della Liberazione, la festa nazionale che ricorda i valori della democrazia e della convivenza civile, che sono alla base della nostra amatissima Repubblica. In questa giornata si celebra la fine della dittatura nazifascista e la restituzione della sovranità al popolo italiano. In un momento storico così delicato e complesso penso sia utile tornare al profondo significato della parola che contraddistingue questa giornata: liberazione. È una parola che richiama l'azione quotidiana volta al perseguimento della libertà, è un termine che indica che si è liberi solo quando nessuno è soggiogato, costretto o soffocato e che non si deve dare per scontato un valore così sublime qual è la libertà. La libertà richiede intelligenza attiva, profonda responsabilità, generosità e audace umanità. Oggi abbiamo l'occasione di ristabilire le priorità dei valori che già i padri costituenti hanno fissato nella redazione della Costituzione italiana. In questo straordinario testo è racchiusa la legge fondamentale della Repubblica italiana che esorta alla libertà come presupposto essenziale per il pieno sviluppo della persona umana e per la partecipazione di tutti alla vita politica, economica e sociale del Paese".
Poi un pensiero al lutto per la scomparsa del Pontefice e ai valori da trasmettere alle nuove generazioni.
"Quest'anno però la festa della Liberazione si svolge in un clima di cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco - ha concluso - L'intero Paese vive 5 giorni di lutto nazionale: le bandiere sono a mezz'asta e molte manifestazioni pubbliche sono sospese o rimandate. Oggi come allora siamo chiamati a essere donne e uomini consapevoli, a non cedere all'indifferenza e costruire insieme una società giusta, unita e libera. Solo così potremo onorare chi ha sacrificato la propria vita per la libertà, impegnandoci attivamente ogni giorno a rendere viva la Costituzione e a trasmettere questi valori alle nuove generazioni".
"Come sindaca del Consiglio comunale dei ragazzi mi sono chiesta cosa significa per me la libertà - ha affermato Avogadri - E' poter esprimere la mia opinione senza paura! E' poter scegliere il mio percorso di studio e di vita! E' poter vivere senza discriminazioni o ingiustizie! La libertà è un diritto fondamentale che dobbiamo proteggere e valorizzare ogni giorno. Dobbiamo essere consapevoli della storia che ci ha portato fino a qui e lavorare insieme per costruire un futuro migliore. Questa festa ci aiuta a riflettere su come possiamo contribuire a rendere il nostro Paese un posto più giusto e più libero per tutti. Possiamo iniziare ascoltando gli altri, rispettando le differenze e lavorando insieme per raggiungere obiettivi comuni. Solo così tutte le persone che hanno lottato per la libertà, per la pace e per la democrazia non hanno lottato invano".
Un passato doloroso
A segnare profondamente la comunità, spingendola a passare sotto silenzio la Festa della liberazione è stato un fatto di sangue. Tra il 26 al 29 aprile 1945 infatti, 11 fascisti vennero rinchiusi nella camera di sicurezza della caserma cittadina, tra loro Giuseppe Pilenga, nato in paese nel 1891 e proprietario coi fratelli di un’azienda agricola e commerciale con 30 dipendenti. Era stato caporale maggiore del 12esimo Bersaglieri, poi ardito nella Prima Guerra Mondiale, durante la quale rimase ferito tre volte meritandosi la Croce di Guerra. Figura di spicco del fascismo bergamasco, pare che fosse molto benvoluto dai suoi dipendenti e dal resto della popolazione per la sua generosità. Insieme a lui furono arrestati anche suo fratello Cipriano, Lorenzo Vecchi, Luca Cristini, Luigi Donati, Mario Moratti, Giovan Battista Nozza, Luciano Angeretti, Davide Marchiondelli, Giovanni Discacciati e Dino Richelmi. Solo gli ultimi due riuscirono a sopravvivere, mentre gli altri nove furono trasportati a Bergamo e fucilati davanti al muro di cinta del cimitero. L’iter processuale della vicenda si concluse nel 1952 con l’archiviazione che stabiliva il «non luogo a procedere». L’efferatezza dell’eccidio fu però riconosciuta nella stessa sentenza, secondo cui "solo la frenesia sanguinaria e di vendetta politica, che imperava nei giorni susseguenti alla liberazione, può spiegare ma non giustificare la sommaria esecuzione senza alcuna discriminazione degli arrestati".