Treviglio

Caritas Treviglio: così cambia la rete della solidarietà per ben 300 famiglie

Federico Avila: "La mia paura è quella di sentire una storia, e di restare indifferente"

Caritas Treviglio: così cambia la rete della solidarietà per ben 300 famiglie
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Sono circa trecento le famiglie trevigliesi che, ad oggi, usufruiscono di almeno uno dei servizi messi in campo dalla nuova Caritas interparrocchiale. Un dato fortunatamente distante dal 452, numero massimo di utenze toccato nel cuore dell’emergenza sanitaria l’anno scorso, ma ancora sufficientemente importante da destare attenzione. Dal centro di ascolto all’armadio solidale, dai due dormitori a disposizione dei senzatetto al doposcuola per i ragazzi, fino ai corsi per il reinserimento al lavoro, la macchina della carità trevigliese sta cambiando volto in questi anni. Se n’è parlato a lungo, lo scorso 13 ottobre, durante una serata organizzata dal Rotary club di Treviglio guidato da Giuseppe Leoni, che ha avuto come ospite il presidente della Caritas cittadina Federico Avila, che insieme a un piccolo esercito di volontari sta cercando di modernizzare, e rendere più efficiente, un servizio invisibile ma essenziale.

La riunificazione del servizi

Tra i primi obiettivi della riorganizzazione, ormai a regime, c’è stata l’unificazione dei vari servizi parrocchiali, sotto un’unica centrale operativa per ciascun tipo di intervento. Tra i principali c’è il centro di ascolto, che vede operatori professionali al lavoro per affrontare i problemi delle famiglie in difficoltà, analizzandone i problemi e cercando soluzioni adatte nell’ottica di evitare la cronicizzazione dell’aiuto, e che puntino invece ad incentivare le persone a rialzarsi. «Ci aiutano i rapporti che teniamo con la Caritas ambrosiana, tra le più avanzate d’Europa in questo campo - ha spiegato Avila - Sulla base degli studi effettuati sulle crisi economiche degli ultimi anni, ci siamo accorti che spesso sono anche le famiglie “normali”, se non agiate, a subire i contraccolpi di una perdita improvvisa del lavoro. Sono apparentemente famiglie che hanno meno bisogno di aiuto, rispetto ad altre. Ma intervenire celermente in questi casi, anche se la crisi è cominciata da poco tempo, spesso porta a superarla velocemente e senza contraccolpi».

Tirocini per tornare a lavorare

Un altro capitolo riguarda i tirocini lavorativi, sempre più da promuovere. «Un uomo, dopo mesi e mesi sul divano, senza lavoro, è spesso distrutto - ha spiegato il presidente - Difficilmente riesce a uscire da solo e a cercare, e trovare, un nuovo impiego. Abbiamo messo in campo tirocini di tre o sei mesi, per promuovere una ripartenza. I test che stiamo effettuando con le aziende del territorio sono promettenti».
Per le situazioni più critiche, restano aperti i due dormitori di via Rozzone e di via Del Maglio, che offrono un tetto per la notte, una cena e una colazione a decine di persone. Ma anche qui, la sfida è di evitare permanenze troppo lunghe. «L’essere umano tende ad abituarsi anche al peggio - ha continuato Avila - Ed è per questo che se la prima risposta deve essere necessariamente quella di dare un tetto e la possibilità di farsi una doccia a persone che stanno all’aperto per giorni e giorni, la seconda è quella di dar loro qualcosa da fare». L’idea, su cui si sta lavorando è quella di aprire un centro diurno, con attività propositive quali corsi di lingua italiana e corsi per imparare a preparare un curriculum e sostenere un colloquio.

Il Centro di smistamento di via Casnida

In via Casnida, invece, sta sorgendo il Centro di smistamento dello storico servizio di Caritas, legato ai «pacchi alimentari». Uno studio effettuato sulle forniture degli ultimi anni ha rivelato alcune criticità: utenti, ad esempio, che erano forniti di generi alimentari quasi ininterrottamente da anni e anni. «E’ giusto guardare queste situazioni con occhi diversi - il suggerimento di Avila - E anche in questo caso, cogliere le capacità di ciascuno, per uscire dall’emergenza cronica.
Le sfide all’orizzonte non sono poche. E la riorganizzazione, in una logica più moderna e centralizzata, ha i suoi rischi. «Vogliamo mantenere saldo il rapporto con la città, pur consapevoli che le situazioni che ci troviamo di fronte sono troppo complesse da poter essere affrontate senza una struttura centrale - è la logica della riorganizzazione in corso - Ai volontari, quindi, chiediamo fedeltà e stile: dare poco, in termini di tempo, ma seriamente». Restando in ascolto, prima di tutto, della città. E stando attenti «a non trasformarci in un ufficio amministrativo». «La mia paura è quella di sentire una storia, come le tante che ci raccontano le famiglie di Treviglio che vengono da noi, e di restare indifferente».

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