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Giovanni Regazzi vince il covid e si racconta: "Non l'ho sconfitto, sono stato fortunato"

Dalla salvezza alla solidarietà: Giovanni ha già donato il plasma 6 volte

Giovanni Regazzi vince il covid e si racconta: "Non l'ho sconfitto, sono stato fortunato"
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La battaglia contro il Covid-19 raccontata da chi ci è passato: ecco la storia di Giovanni Regazzi, agente della Polizia locale di Crema.

Il ricovero e la degenza

Residente a Bagnolo, 60 anni, a marzo si è trovato a fare i conti con il Coronavirus e ora che sta bene vuole testimoniare l’abnegazione dei medici che si sono presi cura di lui. Tutto è iniziato nella prima metà del mese, quando rientrato dal lavoro, Giovanni ha avvertito un malessere diffuso, più debilitante dei comuni sintomi influenzali. Una settimana di riposo non è servita a riprendersi, così si è recato in Pronto soccorso del Maggiore di Crema dove gli esami hanno refertato la presenza di una polmonite bilaterale riconducibile al Covid.

Dopo tre giorni bloccato sempre nel Pronto soccorso, l’agente è stato spostato prima nel reparto di Gastroenterologia adibito a reparto Covid, e poi in Pneumologia, dove ha lottato contro il virus fino a lasciarselo alle spalle, firmando le dimissioni un paio di settimane più tardi.

"Ho avuto la fortuna di ricevere tante forme di vicinanza - ha raccontato - Non passava un minuto senza che qualcuno mi scrivesse per sapere come stavo. Normalmente carico il telefono un giorno sì e uno no. In quel periodo lo collegavo alla corrente anche tre volte al giorno".

Il lento recupero e le donazioni di plasma

Al termine della degenza ospedaliera, già difficile, a Giovanni sono toccate tre settimane di quarantena, che ha trascorso in un appartamento, tutto solo. L’unico contatto umano era quello con la moglie, nella tromba delle scale, quando con l’ascensore inviava cibo e vestiti al piano.

"Io non ho sconfitto il Covid, sono solo stato fortunato - ha detto - Il personale medico è formato da persone stupende, di grande professionalità, che ti danno la forza di andare avanti anche quando pensi di non farcela".

È proprio il sacrificio dei medici la fonte di ispirazione di Giovanni, che oggi ha ancora la forza di aiutare. Già donatore di sangue all’Avis di Bagnolo con 130 donazioni di sangue all’attivo, da quando è stato dimesso ha iniziato a dare il suo plasma alla medicina, mettendosi a disposizione per sei volte in pochi mesi. La tensione e il trauma psicologico non sono del tutto spariti, ma a 217 giorni di distanza dalla scoperta del virus, i suoi polmoni sono finalmente guariti.

"È stata un’esperienza pesante e non nascondo di avere avuto paura di morire - ha concluso - Grazie a tutto il personale ospedaliero, agli amici che mi sono stati vicini, a mia moglie Andreina e a mio figlio Stefano"

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