Frode fiscale da oltre 44 milioni di euro, coinvolti sette bergamaschi

Le indagini erano cominciate il 25 marzo scorso, dopo il fermo di una vettura in cui sono stati rivenuti 271.830 euro.

Frode fiscale da oltre 44 milioni di euro, coinvolti sette bergamaschi
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L'operazione che ha scoperto la frode fiscale è stata condotta dalla Guardia di finanza di Gorizia.

Società di comodo all'estero

Tramite società di comodo in Slovacchia e Ungheria venivano effettuate finte vendite di materiale ferroso a imprese italiane compiacenti, che contabilizzavano gli acquisti come fittizi costi di esercizio. Una frode attuata da 39 persone domiciliate tra le province di Brescia, Bergamo, Roma, Milano, Monza Brianza, Verona e Padova. Sono state tutte denunciate a vario titolo per emissione di fatture per operazioni inesistenti, ma anche dichiarazione fraudolenta, occultamento di scritture contabili, emesso versamento di Iva e riciclaggio.

Scoperti con un gruzzolo nell'auto

Al valico di confine “San Pietro” le Fiamme Gialle goriziane durante un ordinario controllo del territorio, a ridosso della frontiera italiana, avevano fermato una vettura. A bordo tre persone tra cui un bergamasco, provenienti dalla Slovacchia. Sull'auto ben occultato hanno trovato denaro contante per 271.830 euro senza la prescritta dichiarazione valutaria. Qust'ultima è obbligatoria nel caso in cui si importi una somma pari o superiore ai diecimila euro.

Scoperte otto società fraudolente

Una scoperta che aveva dato il là ad attività investigative, coordinate dalla Procura di Gorizia, condotte tramite l’esecuzione di 46 decreti di perquisizione domiciliare e locale con l’impiego di 120 militari. Sono stati effettuati accertamenti bancari su 82 conti italiani ed esteri, un approfondimento di 24 operazioni sospette da parte di istituti di credito e si è avuto accesso a sei cassette di sicurezza che hanno permesso di individuare le società fraudolente. Otto slovacche e una ungherese.

Coinvolte cinque imprese bergamasche

Le fatture, contabilizzate come fittizi costi d’esercizio negli anni dal 2012 al 2015, sono riconducibili a 25 imprese italiane del settore della compravendita dei metalli ferrosi. Cinque delle quali hanno sede in provincia di Bergamo. Aziende di medie dimensioni, con giri d’affari tra i tre e gli otto milioni di euro. Oltre ai cinque imprenditori, sono altri due i bergamaschi coinvolti.  Il loro ruolo era quello dello staffettista, col compito di riportare in Italia il denaro che le imprese “bonificavano” appoggiandosi alle società estere. Circa 13 degli oltre 44 milioni oggetto della frode sono riconducibili alla provincia di Bergamo.

Fatture false

Le società cartiere venivano utilizzate per emettere le fatture inesistenti, oltre che predisporre falsi documenti di trasporto e ordini di acquisto e aprire conti correnti presso istituti di credito con sede in Slovacchia e Ungheria. Qui veniva accreditato il denaro relativo agli acquisti inesistenti di materiali ferrosi da parte delle società italiane. Denaro che poi veniva prelevato in contanti dagli staffettisti e introdotto in Italia, in alcuni casi per importi anche fino a 400mila euro. Si passava dai valichi delle province di Gorizia, Udine e Trieste per aggirare le disposizioni antiriciclaggio. Nel mirino dei militari, ora, una serie di professionisti che avrebbero contribuito alla realizzazione del reato.

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