Angelo, Greta e Marco nell’Esercito: "Abbiamo raggiunto il nostro sogno"
Tre giovani bergamaschi arruolati nelle Penne Nere

A 20 anni c’è chi pensa a divertirsi e sogna una vita con tutti i comfort, è quasi naturale, ma c’è anche chi decide di mettersi al servizio del Paese e intraprendere una strada più spartana, che cosa fatica e tanta: quella dell’arruolamento nell’Esercito. Tra questi ultimi ci sono Angelo Pavesi, Greta Plebani e Marco Brignoli, che sabato 5 luglio hanno ricevuto, fieri, l’agognato cappello con la penna nera degli alpini, alla presenza delle massime autorità e sotto gli occhi orgogliosi dei familiari, a L’Aquila.
L'ingresso nel Corpo degli alpini
Una cerimonia intensa nel capoluogo abruzzese, a coronamento di un percorso lungo mesi, tra duri addestramenti e rigida disciplina militare, che ne hanno forgiato il fisico e il carattere. Con loro anche l’alpino Nero Cirla della sezione ANA di Bergamo, a tenere alto il labaro.
Angelo Pavesi
Vent'anni, di Caravaggio, diplomato al liceo scientifico dell’istituto salesiano di Treviglio e iscritto alla facoltà di Scienze strategiche e della Sicurezza all’università di Torino. A metà percorso di studi si è arruolato nell’Esercito, con l’intenzione comunque di concludere il corso. Ora è destinato alla caserma di Pinerolo, in Piemonte. Una scelta che all’inizio ha sorpreso papà Roberto, mamma Giusy Dognini e la sorella 14enne Elisabetta.
"Ci ha spiazzato ma in fondo da tempo era nell’aria questa passione - ha raccontato la mamma - Una decisione difficile da comprendere se si tiene conto dei rischi che potrebbe correre e io come mamma ho dovuto un po’ “digerirla”. Dietro le belle parole che si ascoltano nelle cerimonie ci sono una lunga trafila con concorso, addestramenti in cui la fatica fisica e vesciche sui piedi non mancano, il sacrificio è tanto. Dopo la cerimonia la prima cosa che mi ha detto è stata “Mamma, adesso sono un alpino”, poi è arrivato un abbraccio forte…".
Quindi un riferimento alla realtà caravaggina.
"Negli ultimi tempi viviamo in un contesto sociale particolare, anche a Caravaggio, penso all’aggressione al sindaco ed è molto facile lamentarsi sui social - ha concluso - credo che sia un messaggio positivo quello di questi giovani: oltre ai “maranza” nelle nostre città ci sono anche tanti ragazzi che si impegnano silenziosamente".
"Fin dalla prima superiore ho coltivato l’interesse per tutto ciò che riguarda le Forze Armate - ha raccontato Angelo - in terza ho cominciato a pensare di potermi arruolare e ho maturato la decisione di farlo subito dopo la maturità. Ho scelto gli alpini perché amo al montagna, la tranquillità e il contatto con la natura, ma anche perché voglio fare fatica e sapere di aver dato il massimo per superare i miei limiti... e qui si sceglie sempre la via in salita. Immaginavo che la vita militare fosse dura mentalmente ma soprattutto fisicamente ed è così: non è stato facile e ho pensato al congedo in alcuni momenti. Ma sono qui, ho vinto la sfida con me stesso. La sveglia presto, le lunghe marce zavorrate con il carico di stanchezza che portano sono però state in parte ripagate domenica, con una giornata piena di emozioni e di soddisfazione per aver raggiunto l’obiettivo. Con la consegna del cappello siamo entrati a far parte della grande famiglia alpina, poterlo indossare è un orgoglio".
Ora però comincia il bello.
"Sarò del tutto soddisfatto quando avrò acquisito esperienza in missione, maggiori conoscenze con corsi di perfezionamento e patenti militari e più addestramento, insomma un bagaglio completo - ha rivelato - Io sono una persona curiosa e mi piace molto imparare, non amo adagiarmi sugli allori. La preoccupazione per i rischi è compensata proprio dall’addestramento. Siamo all’inizio di un percorso, ho tre anni di ferma rinnovabili: un po’ spaventa ma è quello che voglio e sono sicuro che riuscirò a portarlo a termine. Non so se farò il militare tutta la vita, mi piace osservare e riflettere prima di decidere, comunque l’ambiente è bello e tranquillo. In ogni caso punto a laurearmi e, in base a come saranno questi tre anni, vedrò quale strada scegliere".
Greta Plebani
Vent’anni, di Martinengo, diplomata all’istituto agrario "Mario Rigoni Stern". Dopo aver cominciato a lavorare in un vivaio ha maturato la decisione di seguire la passione nata per il Corpo degli alpini ascoltando i racconti del padre Giuseppe sulla naja.
"L’emozione è stata enorme, Greta è sempre stata uno spirito libero - ha detto il papà con la moglie Rosa Forlani - ci ha sorpreso ma le abbiamo detto di fare quello che la rendeva felice".
Anche il fratello Luca, di due anni più grande, la sostiene.
"Mio padre mi raccontava della bella esperienza vissuta a militare, dove si era divertito, fatto cose nuove e aiutato tante persone - ha spiegato la giovane - mi sono appassionata e poi mi sono detta 'perché non provarci anch’io?' e così mi sono iscritta al concorso per entrare nell’Esercito. Sapevo che non sarebbe stato facile ma ce l’ho fatta. Mi aspettavo la rigidità che ho trovato nella forma, meno l’addestramento così duro: tuttavia l’ambiente è molto bello, ci si aiuta a vicenda e grazie a questo spirito di corpo si riesce a superare tutto. Le donne sono molte meno ma i ragazzi che ho incontrato sono aperti all’idea di lavorare anche con delle colleghe. Chiaro che nelle prove che richiedevano sforzo fisico, soprattutto con il ciclo, noi eravamo più stanche ma non è mai stato fatto pesare, anzi: capitava che prendessero loro lo zaino per farci tirare un po’ il fiato. Viceversa, a livello psicologico, noi avevamo un po’ più di resistenza e nei momenti di sconforto davamo noi una mano ai colleghi".
I rischi sono calcolati.
"L’addestramento è ottimo, con istruttori preparatissimi - ha concluso - Mi preoccuperebbe di più sapere che la famiglia sta in pensiero per me quando magari non c’è pericolo. La consegna del cappello, dalle mani di mio padre, è stata un’emozione straordinaria. Ora sono stata destinata al reparto di Venzone, in provincia di Udine, in futuro spero di partire per una missione all’estero".
Marco Brignoli
Ventuno anni, residente a Zanica, diplomato all’Istituto agrario "Mario Rigoni Stern" di Bergamo, ha lavorato per un paio d’anni in un vivaio come giardiniere e poi ha deciso di entrare nell’Esercito. Anche lui è destinato alla caserma di Pinerolo, in Piemonte e anche il fratello Stefano, più giovane di un paio d’anni, diplomato all’istituto tecnico "Giacomo Quarenghi" di Bergamo, potrebbe seguirlo.
"Aveva sempre avuto in mente di entrare nell’Esercito, diceva che lo avrebbe fatto dopo le scuole superiori e da tempo guardava tutorial su internet, qualcosa deve aver fatto scattare la scintilla - hanno raccontato mamma Nicoletta Merli e papà Luca - alle medie voleva diventare un carabiniere forestale, poi ha optato per gli alpini. La passione per la montagna ce l’aveva ma non aveva mai sciato prima, giocava a calcio: la scelta è legata al fatto che è un Corpo in cui si è operativi e si fa fatica, da buon bergamasco. Noi in realtà pensavamo facesse altro nella vita ma l’abbiamo supportato anche se non è stato facile, visto anche l’attuale contesto internazionale: se sarà impiegato nelle attività di “strade sicure” ci sono rischi, è vero, ma quando parla di missioni all’estero… In ogni caso domenica è stata una grande emozione, dalle nostre parti non sono molti i ragazzi che fanno questa scelta. Finita al cerimonia ci ha detto: 'Finalmente ho il cappello'".
"Sono sette anni che aspettavo il giorno in cui sarei entrato nell’Esercito e avrei indossato il cappello alpino, dalla terza media è sempre stata la mia ambizione - ha affermato Marco - Mi affascinava questo mondo, per via dei racconti di mio padre e dei nonni durante l’infanzia: solo un nonno era un alpino ma il suo cappello mi aveva colpito. Mi dicevo 'voglio farlo anch’io'. Poi negli anni la decisione è maturata ed eccomi qui: ho scelto le Penne Nere anche perché mi piace la montagna, ci andavo sin da bambino a camminare con i miei genitori, non sapevo sciare e adesso che ho superato il corso base provo ancor più soddisfazione. Non amo stare seduto, rinchiuso non mi ci sono mai visto… Ora ho la possibilità di stare all’aria aperta a fare quel che ho sempre voluto, questo mi rende orgoglioso e felice. Sapevo che sarebbe stato difficile ma il percorso l’ho vissuto bene e me la sono sempre cavata".
Un futuro tutto da costruire.
"Ora punto a migliorare, acquisendo altri brevetti, poi vedremo - ha chiosato - I rischi? Sono sereno, ci preparano e ci addestrano. Domenica è stato bello vedere la gente assistere alla cerimonia e sapere che c’erano i miei genitori, che mi hanno supportato e sopportato. Indossare il cappello alpino ha riempito di gioia me e anche loro".