Festa dell'Apparizione, il vescovo: "Lasciamoci inondare dalla pace"
Il vescovo ha usato parole di riconciliazione e di speranza in un mondo che "tristemente sembra scegliere la via delle armi"
Questa mattina, lunedì 26 maggio, alla messa solenne in occasione del 593esimo anniversario dell'Apparizione della Madonna a Giannetta de' Vacchi, presieduta dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni al Santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio, era presente una moltitudine di fedeli, oltre alle autorità civili e militari del territorio.
Folla di fedeli al Santuario
Una magnifica mattinata primaverile ha accolto la folla di pellegrini giunti da ogni dove per celebrare l'Apparizione della Vergine. Il Santuario, presto gremito, ha salutato l'ingresso del vescovo unito a uno stuolo di prelati che è salito in processione sull'altare per la messa delle 10.30. Nei primi banchi, tra gli altri, il sindaco Claudio Bolandrini, il consigliere provinciale trevigliese Juri Imeri e i vertici delle Forze dell'ordine. E con i suoi modi molto cordiali e semplici, sua eccellenza durante l'omelia ha ringraziato e salutato tutti i presenti, le autorità, i sacerdoti, la comunità del Santuario, i volontari che con amore e dedizione si dedicano alla cura della basilica.
"Saluto ciascuno di voi con la propria storia che non conosco ma che posso immaginare - ha detto - una storia di fede, di attaccamento a questa terra, storie di famiglie, magari anche storie di solitudine e sofferenza. Tutte però storie di fede. La fede non si misura, si accoglie e si mette a frutto, come una scommessa quotidiana, come un canto... come il Magnificat".
Parole di pace ispirate all'antifona del Magnificat
Rivolgendosi ai fedeli, il vescovo ha rivelato che riflettendo sull'omelia che avrebbe pronunciato, si è ispirato proprio all'antifona del Magnificat: "Ave tempio dell'Onnipotente, fonte che inondi il mondo di pace, dona speranza a noi pellegrini". E in un momento storico come quello odierno costellato di guerre, tribolato e carico di tensioni, ha lanciato proprio un messaggio di pace legato all'immagine della fonte, tanto cara al Santuario caravaggino, cheb è chiesa giubilare.
"Qui c'è la bomba d'acqua più potente dell'umanità, la grazia"
"Siamo sempre bisognosi di speranza e tentati di fermarci - ha osservato - inonda tu, f0nte di pace, questo mondo che non sa darsi pace. Ne derivano alcune missioni che la Madonna ci affida. La prima è di lasciarci inondare noi da questa pace. Basta un po' di silenzio, un po' di verde, una bella chiesa ben tenuta, l'immagine di Maria... Qui si respira il Mistero: la pienezza della nostra piccola vita, che non è fatta per consumarsi nelle quattro cose di quaggiù ma è figlia di Dio, generata dal suo amore. Prova eccelsa ne è Maria, la più umile, la più piccola che diventa la più grande, indimenticabile: persino chi non è cristiano non può fare a meno di guardare a lei con stupore. Allora lasciamoci inondare... Abbiamo bsogno di alluvioni? Di esondazioni? Di bombe d'acqua? Qui c'è la bomba d'acqua più potente dell'umanità, la grazia... la piena di grazia che non si svuota mai perché più dona più si riempie. E noi siamo fatti per riceverla e rimetterla in circolazione".
"Aver cura della fonte della pace"
"La seconda missione è quella di avere cura della fonte, non diventandone padroni, non mettendo rubinetti a pagamento... - ha continuato monsignor Napolioni - Se non fai questo Dio non ti ama: questa bugia tremenda che, nella storia della Chiesa, a volta abbiamo avallato, sentendoci sempre colpevoli. Diverso è sentirsi peccatori: lo siamo, siamo fragili, siamo un macello... eppure Dio instancabilmente dona suo Figlio, non col contagocce ma inondando del sangue del Figlio, dell'acqua del battesimo, della grazia di Maria la storia umana, che altrimenti senza questa correte nascosta e potente si sarebbe già distrutta per quanto siamo capaci di impazzire, di violenza, di odio, di divisione, di ottusità... Maria inonda il mondo di pace, ma lo fa con noi, attraverso di noi, che per primi dobbiamo essere donne e uomini di pace in casa, in paese, in tutte le relazioni che viviamo, nelle scelte assumiamo secondo le responsabilità, nell'educazione che diamo ai piccoli non pompandoli perché siano sempre primi a dispetto degi altri ma educandoli alla fraternità, alla condivisione, al 'noi', all'alleanza con i più deboli. Bisogna aver cura delle fonte, perché sia accessibile a tutti, anche a chi non la conosce".
"Facciamoci portatori di speranza"
"Il terzo impegno è quello di farci missionari, alzarci in fretta come ha fatto maria per andare dalla cugina Elisabetta - ha affermato - a servirla ma anche a testimoniarle le opere di Dio. Insieme hanno sussultato di gioia e hanno generato questo canto: il Magnificat. Tutti sono chiamati ad un Magnificat: anche le vite più sballate hanno diritto a un loro Magnificat. Quando potranno cantarlo se nessuno lo fa conoscere l'amore di Dio, la sua misericordia. Ecco cosa significa farci pellegrini gli uni verso gli altri, testimoni e portatori di speranza agli altri".
"Maria non è 'festiva', è 'feriale'"
"Questo giorno sia solo come un'antifona - ha concluso - oggi diamo il là alla festa, il Magnificat si canta negli altri 364 giorni dell'anno, questo ci insegna Maria. Lei non è 'festiva' è 'feriale': è a Nazareth, nscosta, è nella vita quotidiana, nelle nostre case, è ovunque, non ha bisogno di vestirsi a festa. Ha bisogno di cuori spalacati, assetati, e la sete lungo i deserti dell'anima che ci aspettano in questo mondo che tristemente sembra scegliere la via delle armi e della violenza, della sopraffazione sui più deboli, ha bisogno proprio di un Magnificat non illusoriamente temporaneo ma incarnato nelle ferite e nelle cirocstanze della vita quotidiana. Possiamo cantarlo sul letto di malattia, nella fatica del lavoro, quando ribaltiamo forti della fede, della speranza e della carità le situazioni di ingiustizia che sono affidate alle nostre responsabilità. Allora sì che avremo cantato l'antifona in verità, che avremo aperto il cuore a una vita secondo lo stile di colei che oggi qui veneriamo come figli grati".
L'indulgenza plenaria
Al termine della funzione religiosa, il vescovo ha reso omaggio alla statua della Vergine e ha concesso la benedizione apostolica e annessa indulgenza plenaria. Preghiera, campane a festa e poi i fedeli hanno lasciato pian piano la basilica.