Intervista

"Per noi era solo Giorgio": i ricordi dell'oculista di Mozzanica cugino di Papa Francesco

"Aveva l’eccezionale capacità di percepire i pensieri di chi aveva davanti. Era una persona di un’intelligenza unica, di una cultura vastissima"

"Per noi era solo Giorgio": i ricordi dell'oculista di Mozzanica cugino di Papa Francesco
Pubblicato:

Tutti sanno quanto fossero profonde le radici italiane di Papa Francesco, argentino figlio di una delle tantissime coppie di immigrati che dalla poverissima Italia di inizio Novecento partivano per cercare fortuna in America. In moltissimi conoscono ormai anche la cugina del Papa Carla Rabezzana, 94 anni, che dal piccolo paese di Portacomaro, nell’Astigiano, ha raccontato spesso alla stampa italiana e internazionale del rapporto strettissimo e intenso che il Pontefice appena scomparso ha sempre mantenuto con i suoi parenti piemontesi. In pochi però sanno che anche nella Bassa ne vive uno: si tratta di Maurizio Bracchino, 64 anni, che oggi vive a Mozzanica.

L'oculista cugino di Papa Francesco vive a Mozzanica

Oculista per anni negli ambulatori dell’Asst Bergamo Ovest, Bracchino è figlio di Carla Rabezzana, cugina di primo grado di Papa Francesco in quanto la madre Ines, nonna di Maurizio, era la sorella del padre di Francesco, Mario Bergoglio. Il che lo rende il cugino di secondo grado del Papa. Parla a braccio mentre guida, mercoledì pomeriggio, alla volta di Roma, dove saluterà per l’ultima volta non soltanto Sua Santità il Pontefice, ma prima di tutto il suo «Giorgio».

Nato a Torino nel 1961, specializzatosi al San Raffaele in oculistica e oftalmologia, Bracchino oggi lavora a Crema, dove è responsabile dell’Oculistica per la clinica «San Lorenzo». Ma dal 1993 ha condotto uno studio oculistico in via Cavour a Treviglio e, fino al 2001, ha lavorato anche in ospedale, come libero professionista.

Chi era per voi Papa Francesco?

«Beh, per noi era Giorgio (italianizzazione di Jorge, il primo nome di Bergoglio, ndr.). Lo chiamavamo così da sempre. Io del resto lo conobbi per la prima volta nel 1971, quando avevo 10 anni, a Torino. Veniva spesso in Italia a trovare la famiglia, con la quale il rapporto è sempre rimasto molto stretto. Da sacerdote, e poi da arcivescovo, da cardinale, e poi persino da Papa, per noi è sempre rimasta la stessa persona. Per noi era Giorgio. Negli ultimi anni ovviamente ci vedevamo un po’ meno, ma lo sentivamo spesso».

Che persona era, in famiglia?

«Ogni volta che parlava era una meraviglia starlo ad ascoltare. Aveva l’eccezionale capacità di percepire i pensieri di chi aveva davanti. Era una persona di un’intelligenza unica, di una cultura vastissima. E poi era spiritoso, aveva sempre la battuta pronta, sorridente e di famiglia».

Ci sono dei momenti in particolare che vuole condividere?

«L’ultimo incontro due anni fa, in occasione del 90esimo compleanno di mia mamma Carla. Fu una bellissima sorpresa quando arrivò a casa. Eccezionale, quel sabato. Avere un Papa a pranzo non è da tutti i giorni. Un altro momento è stato il mio viaggio in Patagonia, quando andai a trovarlo nell’ottobre del 2012 a Buenos Aires, dove era arcivescovo. Girammo insieme, senza nemmeno l’autista, nella sua città. Ricordo infine benissimo l’entusiasmo e l’incredulità di tutti noi quando fu eletto Papa. Lo andammo a trovare a Roma, e fu un incontro di grande emozione. Gli chiedemmo: «Ma adesso come ti dobbiamo chiamare?». «Sono sempre Giorgio» rispose.

Qual è, per lei, l’eredità di Francesco? Cosa le ha insegnato, cosa ha lasciato il segno nella vita quotidiana e nei pensieri di un medico oculista?

«L’amore per la gente semplice. Che per noi medici significa l’attenzione al paziente: al capire da uno sguardo cosa c’è che non va. Se c’è qualche paura da scacciare. Se hanno, spesso capita, soltanto bisogno di parlare con qualcuno».

Commenti
Lascia il tuo pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici sui nostri canali