Sessant’anni di storia e un futuro tutto da esplorare, gli scout di Cologno al Serio celebrano le proprie origini e guardano avanti.
I fondatori degli scout a Cologno
Quello in corso è un anno speciale per il gruppo che ha sede sotto le scuole medie ma vive in oratorio: l’anniversario che ricorre è di quelli importanti e così ha deciso di ripercorrere le tappe principali del percorso che lo ha portato fino ad oggi anche con un piccolo volume, dal titolo "Sessant’anni di passione e avventura: la storia del gruppo scout di Cologno al Serio I".
Fino al 1965 lo scoutismo locale aveva fatto riferimento al gruppo di Treviglio ma, poi, grazie a un gruppo di capi, tutti di 18 anni, cominciò a muovere i primi passi anche in paese e l’allora curato don Franco Ravasio fu una figura di fondamentale importanza.
"Il suo impegno e la sua passione nell’introdurre lo scoutismo a Cologno hanno reso possibile l’espansione di un movimento che, da quel momento in poi, avrebbe profondamente segnato la vita della comunità giovanile locale - si legge nel testo - in particolare difese le ragazze scout e fu un fervente promotore della loro piena integrazione nel movimento, convinto che l’educazione scout dovesse essere un’opportunità aperta a tutti, indipendentemente dal genere".
Don Franco Ravasio
L’altro personaggio iconico a cui lo scoutismo colognese deve molto è Giancarlo Gritti.
"Fu la figura che segnò la nascita del nostro gruppo - si legge ancora - Insegnante e catechista all’oratorio, aveva una visione chiara di cosa significasse lo scoutismo, non solo come un metodo educativo, ma come una vera e propria proposta di vita, un cammino che avrebbe potuto dare ai giovani non solo formazione, ma anche valori e orientamenti per il futuro. La sua forza di volontà fu premiata dal sostegno che ricevette dal gruppo scout di Treviglio, il quale lo affiancò e lo supportò nel difficile compito di fondare il gruppo scout di Cologno. In breve tempo, Giancarlo riuscì a dare vita a tre squadriglie: le Aquile, i Castori e i Cervi, gruppi che si affiancarono al reparto di Treviglio e segnarono così l’inizio ufficiale dello scoutismo nel nostro paese".
Purtroppo però una grave malattia lo strappò alla vita troppo presto.
"So che vivrò poco - disse - ma voglio lasciare qualcosa di buono".
Una frase che divenne un simbolo per coloro che seguirono il suo cammino.
Giancarlo Gritti
Gli anni Settanta furono gli anni del consolidamento del gruppo ma anche di trasformazione del movimento, che non poteva rimanere immune dal clima di fermento e contestazione sociale. Nel corso dei decenni, in ogni caso, il gruppo di Cologno ha vissuto un lungo e costante processo di crescita e sviluppo, ampliandosi sia in termini numerici che organizzativi, fino allo stop forzato imposto dalla pandemia da Covid-19 scoppiata nel 2020. Poi, lentamente, tutto è tornato alla normalità.
Festa di compleanno
Nelle scorse settimane è stata festa.
"Il tema di quest’anno è quello del sogno, quello personale di ogni ragazzo che adesso sta vivendo lo scoutismo - ha raccontato la Comunità dei capi - quindi siamo passati al sogno delle tre branche (lupetti, reparto e clan), vissuto nella grande festa di sabato 29 marzo, a chiederci qual è stato il sogno che ha portato lo scoutismo colognese a raggiungere i 60 anni, e così domenica 30 abbiamo condiviso la giornata con coloro che hanno vissuto parte di questa storia: la mattina ci siamo divertiti con giochi e diverse attività aiutati da questi 'vecchi' scout, poi un mega pic-nic a pranzo, mentre nel pomeriggio abbiamo partecipato alla messa. Erano presenti i sacerdoti che si sono susseguiti in oratorio negli ultimi anni: don Gabriele Bonzi, don Davide Rota Conti e don Lorenzo Bellini. Durante il rito abbiamo anche rinnovato la nostra promessa, perché, come si dice, 'una volta scout, scout per sempre'".
Una due giorni di festa che ha lasciato una grande gioia nel cuore di tutti.
"Abbiamo sentito che lo scoutismo ha ancora qualcosa da dire nonostante molte cose siano cambiate e così il modo di vivere dei ragazzi, le loro esigenze - ha commentato infine la Comunità dei capi - hanno più bisogno di attenzioni ed esprimono la paura della solitudine, che noi cerchiamo di combattere creando una comunità accogliente per tutti. La tecnologia esiste e non la scansiamo, ma impariamo a usarla in modo costruttivo e non distruttivo. A essere restate le stesse sono la nostra promessa e la nostra legge".